martedì 18 marzo 2008

Intervista-racconto di Giuseppe Riva

Giuseppe Riva si racconta.
Vita artistica e non di una grande Voce Italiana.

Perla : Chiedo a Giuseppe Riva, che non vuole assolutamente essere chiamato maestro, di come siano stati i suoi inizi...

Giuseppe Riva : Fin da bambino ho sempre amato cantare, invogliato da una non comune predisposizione naturale (non sono parole mie) della voce.
Sono nato in un paese bellissimo,dove tutti cantavano, in Chiesa, nelle osterie, nelle campagne.
Mia nonna, che era semiparalizzata, ascoltava alla radio le opere e certi nomi altisonanti, Pertile, Gigli, Caniglia, Bechi, Toscanini, Callas, etc....li sentivo pronunciare da lei che in religioso silenzio mi faceva ascoltare quei suoi programmi preferiti.
Da chierichetto, poi partecipavo attivamente alle attività della Chiesa che non si limitavano al servire la Santa Messa, ma anche a cantarla.
Verso i 16 anni, mi trovavo ad essere il primo figlio e fratello di altri 4, con un papà che aveva intrapreso una carriera di commerciante in materiali edili e che voleva ch'io studiassi da geometra per la continuazione dell'esercizio, contro quelli che erano i miei sogni di studiare canto e diventare cantante.
Fui ostacolato anche da mia madre, ed i contrasti in famiglia mi costrinsero a cercare lavoro e smettere gli studi.

Perla : Quando fu allora che incominciasti seriamente ad approcciarti al canto ?

Giuseppe Riva : Fu durante il servizio militare che potei dare sfogo alle mi capacità vocali, pur senza mai avere studiato. L'incontro con Claudio Desderi, anche lui nella mia stessa caserma, mi stimolò a studiare canto. Lui stesso, infatti sentendomi, non riusciva a credere che io non avessi mai preso nemmeno 5 minuti di lezioni da un maestro e mi disse che se lo avessi fatto avrei certamente potuto diventare un cantante famoso.
Il lavoro prese subito un'importanza tale che assorbì tutto il mio tempo, solo dopo i 26 anni incontrai Domenico Malatesta.
Con lui cominciò il mio percorso di studente di canto ma il lavoro diventava nel frattempo sempre più pressante. Alla morte del mio maestro passai a studiare con Vincenzo Cinque che fu compositore e ripassatore di spartiti anche di Del Monaco e Pavarotti, ma questi, già cagionevole di salute, durò poco.
Decisi allora di continuare a studiare con la pianista che fu la mia prima accompagnatrice: Giliola Senesi e da lei conobbi Leo Nucci, non ancora entrato in carriera a quei tempi, diventando subito suo amico.

Perla : Quindi prendesti subito la via del Palcoscenico, o successe qualcos’altro ?

Giuseppe Riva : Mi sposai, poi nacque Martha. Dato che il canto non aveva dato i frutti sperati, visti gli impegni di famiglia e di carriera, decisi di abbandonare la carriera di cantante e mettendomi a dipingere con ottimi risultati anche sotto il profilo delle vendite. Il colpo di grazia lo diede la morte di papà. A quel punto decisi proprio di smettere con le fantasie e di stare coi classici piedi per terra e, mio malgrado, affrontare la vita materiale con maggior impegno e tentare la carriera in ufficio.
Dopo un anno dalla morte di papà, stavo letteralmente scoppiando, oberato dal lavoro che non mi lasciava nemmeno un attimo di libertà.
Quei momenti li ricordo come i più bui della mia vita: mi sentivo fallito in tutto. Uniche consolazioni, una figlia e una famiglia che all'epoca funzionava bene.
E qui sono costretto a raccontarti per filo e per segno ciò che avvenne.
Milano, anno 1980: Rientravo nel mio ufficio da un'altro dove avevo trascorso la mattinata per un meeting e facendo il percorso a piedi, passai davanti al Teatro Alla Scala. Mi sentìi scoppiare dentro un qualche cosa di amaro, di triste, di troppo forte e fui preso da uno sconforto impressionante tant'è che sentivo come se dovessi lasciare questo mondo da un momento all'altro, ma non me ne importava nulla!

Perla : Questo passo mi ricorda in modo singolare il celebre episodio della vita di Giuseppe Verdi. Un altro Giuseppe...

Giuseppe Riva : Come un automa attraversai via Verdi e dopo pochi passi mi imbattei in Edoardo Muller, grande maestro che conobbi al concorso di Busseto. Questi, riconoscendomi, mi salutò e mi chiese che fine avessi fatto e perché ero sparito da tutti i giri del melodramma. Spiegata la mia situazione mi diede una pacca sulle spalle dicendomi che forse avevo fatto bene perché il mondo dell'Opera stava cambiando......ci salutammo (e non ci siamo mai più rivisti).

Perla : Non fu un incontro incoraggiante….

Giuseppe Riva : Fatti pochi passi incontrai due carissime amiche che con me avevano frequentato qualche concorso. Queste venivano da Torino per studiare da un certo Iginio Brentegani del quale mi parlarono molto bene. Appresa la mia decisione del mio ritiro , vollero assolutamente che prendessi impegno con questo loro maestro al quale loro stesse avrebbero di lì a poco parlato.
Salutate, faccio pochissimi passi e a metà di via Manzoni entro in un portone aperto, nell'androne del quale c'era un'edicola che saltuariamente frequentavo per l'acquisto di giornali. Qui fui attratto dalla voce di Luciano Pavarotti che alla radio dell'edicolante, in quel momento cantava "Nessun Dorma".
Chiesi all'edicolante di lasciarmi ascoltare e questi m'invitò all'interno dell'edicola.
Scoppiai a piangere come un bambino e alla sua domamda sul perché, gli riversai addosso tutto il mio vissuto e le mie speranze, i miei sogni, e le rinuncie...
Dimenticai perfino di ritornare in ufficio ritardando al lavoro,per più di un'ora e mezza. L'edicolante dopo avere ascoltato la mia storia mi congedò richiedendomi la promessa di invitarlo allorquando avessi fatto qualche esibizione.
Lo salutai in malo modo dicendogli che non aveva capito nulla e che ero un impiegato con l'hobby del canto, ma che non esercitavo. Mi disse di avere fiducia e che la vita riserva sempre delle sorprese. Scambiati in numeri di telefono ritornai in ufficio.

Perla : che successe poi ?

Giuseppe Riva : Nei giorni successivi fui tormentato letteralmente dall'edicolante che mi spronava a riprendere gli studi e mi lasciai convincere di chiamare quel maestro indicato dalle due amiche.
Nel frattempo il rapporto con la mia Società di lavoro si deteriorò a tal punto che fui costretto a licenziarmi e a cercare un'altra Società e trovai, alla concorrenza, un impiego ben remunerato e importante.
Ovviamente qui l'impegno si presentò subito gravoso, tanto più che stava ritornandomi il desiderio di riprendere gli studi.
Conobbi il maestro Iginio Brentegani, del quale furono allievi Orazio Mori e Giancarlo Tosi. Cominciai a frequentare le lezioni, per quanto potessi, a causa del nuovo impiego nella nuova Società.
Mi ritornò, come prevedibile, il desiderio di tentare la scalata alla carriera, benché ormai l'anagrafe cominciava a diventarmi nemica.

Perla : L’istinto artistico è difficile da tenere segregato troppo a lungo …. come proseguì la tua “rinascita” ?

Giuseppe Riva : Mi ero messo anche a dipingere e contemporaneamente leggevo quanto più potevo sul canto e sulla fonazione. Nell' "Enciclopedia della Musica", compariva il cognome Brambilla, tipicamente milanese, che mi incuriosì.
Lessi poi di una nipote anch'essa cantante lirica e nativa di Cassano d'Adda, moglie di Amilcare Ponchielli, deceduta nel 1921.
Eravamo a 60 anni dalla scomparsa e la mia mente si illuminò subito per una manifestazione in suo onore. Mi attivai subito per organizzare mostre e concerti.
Ovviamente, per questa occasione invitai l'edicolante che dal giorno del nostro incontro si teneva costantemente informato. Fu così che potè ascoltarmi per la prima volta, rimanendo colpito dalla mia voce, al punto tale che mi implorò di fare ancora maggiori sforzi e intensificare lo studio della voce. Di lì ad un mese un'altra organizzazione di una cittadina vicina, sulla scorta del successo avuto nel concerto mi invitò ad organizzarne un altro per il mese di dicembre a favore di bambini orfani di quella comunità.
Venne ancora l'edicolante e ravvisò dei veri progressi e così dopo le feste natalizie organizzò per me un incontro alla sede della Casa Musicale Sonzogno.
Qui mi esibìi e la presidentessa di allora, Nandi Ostali, mi esortò a tentare la carta dei concorsi benché stessi superando i limiti d'età imposti da quasi tutti i regolamenti di concorso.

Perla : E in quale maniera riuscisti a risolvere la difficile situazione ?

Giuseppe Riva : Si trovò l'escamotage per il concorso Mattia Battistini, in quanto all'epoca del suo svolgimento, i 36 anni li dovevo ancora compiere, mentre il limite era di 35. Ricevetti molti inviti da vari circoli che si interessavano a me, e venni così in contatto con Denia Mazzola la quale, pur non essendo ancora in carriera, studiava da un maestro impiegato al Teatro Alla Scala, Dante Mazzola. Fu il sodalizio con la Mazzola che ci vide poi prendere coralmente la decisione del cambio di vita.
Nel febbraio successivo in un momento molto difficile per il pressante lavoro in ufficio, l'edicolante mi spinsea fare lascelta decisiva, proponendomi per per una audizione alla Scala col maestro Siciliani, accompagnato al pianoforte da Leone Magiera.
Fu una cosa imrpovvisa perché ben sapeva l'edicolante che se lo avessi saputo con ogni probabilità non avrei reso come si conveniva. Infatti combinò tutto a mia insaputa col maestro Siciliani, suo cliente quotidiano nell'acquisto dei giornali.

Perla : Malgrado le difficolta, avesti quindi una serie di coincidenze davvero fortunate..

Giuseppe Riva : Siciliani dopo avermi ascoltato disse: "NON HO MAI RACCOMANDATO NESSUNO E NON LO FARò NEMMENO CON LEI, MA L'AMICO COMUNE MI HA DETTO DI AVERE UN GIOVANE DALLA VOCE INTERESSANTE E HA CHIESTO UN MIO PARERE. DIO L'HA BACIATA IN GOLA, SI TROVI UN MAESTRO COI COSIDDETTI, STUDI E ABBANDONI IL LAVORO E FACCIA CHE SIA IL CANTO LA SUA VITA E IL SUO LAVORO.......". Mi indicò il maestro Roberto Benaglio quale unico in grado di dare quello che mi necessitava. Abbandonai il lavoro il 30 aprile 1982, m'iscrissi al concorso Battistini che vinsi. E mi misi a studiare con Roberto Benaglio.

Perla : E arriviamo così al debutto vero e proprio...

Giuseppe Riva: All'epoca non conoscevo una sola opera intera a memoria e non avevo mai cantato con orchestra e in costume e scene. Da maggio, al 19 settembre (giorno del mio debutto a Rieti, Teatro Flavio Vespasiano), il maestro Benaglio riuscì a mettermi in gola ben 4 opere complete: Traviata (Papà Germont); Rigoletto (protagonista); Corsaro (Seid); Boheme (Marcello, Schaunard).
Fu un susseguirsi di richieste, sempre nell'ambito sperimentale per giovani debuttanti, fino a quando mi presentai ad una audizione al Teatro Comunale di Bologna, dopo la quale fui immediatamente scritturato per il Paolo nel Simone Boccanegra con protagonista l'amico Leo Nucci. Fu quello il mio primo "guadagno" come professionista.
Il maestro Benaglio mi mise davanti ad una scelta fondamentale: le qualità vocali erano sicuramente da primo baritono protagonista e anche la preparazione tecnica dava buoni frutti in quel senso, tuttavia avevo nemica l'anagrafe, visto che non ero supportato da un repertorio di base, per costruire il quale avrei dovuto impegnare il mio tempo nello studio per almeno altri 3/4anni.
Sarebbe valsa la pena di arrivare alla soglia di quasi 50 anni ed iniziare una carriera/battaglia contro quelli che erano i baritoni più affermati di allora? Nucci, Bruson, Cappuccilli, Zancanaro e via discorrendo???
Mi consigliò di scegliere la via del comprimariato di lusso laddove con minor sforzo avrei trovato moltissime soddisfazioni e senza dannarmi l'anima.
Diedi retta al maestro e riconosco che non fu una scelta sbagliata.


Perla: A questo punto, la tua carriera prese il volo definitivamente.

Giuseppe Riva : Ho potuto cantare in tutti i più importanti Teatri, con tutti i migliori Direttori, Cantanti, Registi, specializzandomi nelle parti di carattere e ottenendo riconoscimenti che mai avrei sperato.
Ho anche scoperto, venendone direttamente in contatto, che esiste un sottobosco fatto di "personaggini" squallidi, sia fra coloro che eseguono, sia fra coloro che hanno il potere decisionale e anche fra coloro che sono intermediari: gente senza doti, che per arrivare ad ogni costo si affida a mezzi e a persone senza scrupoli.


Perla: Purtroppo, non molto è cambiato da allora.

Giuseppe Riva : Ho combattuto questo andazzo da subito, facendomi anche del male, inimicandomi certi poteri. Sono stato visto come quello dal brutto carattere perché andavo contro a certe "storture". Devo essere risultato scomodo a parecchi per le mie prese di posizione su ingiustizie e malaffari. Questo, ora, ti assicuro, mi fa ancora più onore, perché posso dire ad alta voce che tutto quello che ho ottenuto è stato SOLO frutto dei miei mezzi e delle mie capacità. E' una cosa di cui vado orgoglioso.

Perla: Quali sono le opere e i personaggi che hai amato in modo particolare?

Giuseppe Riva : Mi sono sempre innamorato di volta in volta dei personaggi e/o delle opere che in quel momento interpretavo senza dare preferenza a qualcuno in particolare e per la vita. La musica genera emozioni e io le vivo nel momento in cui l'ascolto, quindi, non amando, oltretutto, fare classifiche, non ho una preferenza o delle preferenze, vivo l'emozione del momento.

Perla: Certamente ci sono stati, nella tua carriera, momenti, emozioni, episodi che ami ricordare...

Giuseppe Riva : Ci sono cose che vivo per me e danno a me la gioia di averle vissute. Se le rivelassi, potrei generare critiche o invidie o giudizi che sporcherebbero il ricordo che io ho delle stesse.
Ad esempio ci fu l'edizione del giornale l'Arena di Verona dove si scrisse, dopo il mio debutto in quell'Andrea Chenier con Caballé, Carreras, Bruson, "Non vogliamo parlare dei protagonisti, ma di una voce, fino ad oggi sconosciuta di un comprimario le cui qualità superano abbondantemente quelle dei protagonisti; una voce che corre, che sa cantare, che interpreta.......". Ma io ero solo un Fleville e se dico queste cose, in molti direbbero (come han detto) "Ma chi crede di essere". Quindi, aneddoti, situazioni, gioie, preferiscono tenerle nel mio personalissimo scrigno e raccontarle ai pochi o molti che siano, che le sanno apprezzare senza commenti.
Nel 1985, dopo pochissimi anni dal mio debutto mi son trovato in un palco del Teatro Alla Scala, durante la pausa delle prove dell'Aida, in mezzo a MARIA CHIARA, NICOLAJ GHIAUROV, GHENA DIMITROVA, LUCIANO PAVAROTTI, PIERO CAPPUCCILLI (che un anno prima avevo sostituito nelle prove del Rigoletto del Comunale di Firenze), LORIN MAAZEL, mentre questi si raccontavano barzellette e io mi chiedevo "MA CHE CI FACCIO IO QUI??????".

Perla: Luciano Pavarotti è recentemente scomparso. Che ricordo hai di lui ?

Giuseppe Riva : Luciano Pavarotti, sapendo ch'io stavo cantando alla corte Malatestiana di Fano nell'amico Fritz, mi promise una visita e la mantenne, venendo ad assistere alla prova, unico spettatore in sala. Mi fece chiamare durante l'intervallo e mi disse. "Ragàss a gh'éet 'na vòoss, d'la Madòna...." e da allora in tutti i Ballo in Maschera che cantò volle me come Silvano.

Perla: Quindi da un certo momento in poi, tutto prese una piega positiva. Sei mai incappato in qualche “incidente di percorso”, qualcosa che possa essere raccontato come un gustoso aneddoto ?

Giuseppe Riva : Incidenti del tipo: nessuno mi avvisa che la prova generale dello Zingaro Barone a Trieste, non è alla sera ore 19, ma alle ore 17, così mi sento arrivare una telefonata quando stavo uscendo dalla camera ed il Maestro Guerrino Gruber: "DOVE SITU?" "Sto arrivando, ma c'è tempo...". "Come c'è tempo????!!!" Abbiamo finito il primo atto e chi deve annunciare "IL CONTE HOMONAY" lo ha già fatto 5 volte ma tu non compari". "Guerrino, ti va di scherzare?"....No, non scherzava: arrivo in teatro e son tutti fermi, orchestra, coro, cantanti, pubblico (era aperta). Tutti in costume e trucco e invece io in jeans e maglietta.....
Chiamato all'1,30 di notte per andare a Roma, assistere alla recita di Vedova Allegra e poi alla recita successiva subentrare a Silvano Pagliuca che aveva denunciato un malore. Non essendo ancora in epoca di cellulari, nessuno potè avvisarmi che Pagliuca non poteva sostenere la recita di quella sera.
Arrivato a Roma alle 18, venni letteralmente investito da Elio Pandolfi che mi suggeriva le battute in un orecchio, dalle sarte che mi cucivano il costume, dal tecnico che mi faceva vedere il video per i movimenti, dal pianista che mi suonava la parte e dal direttore artistico che voleva definire i termini contrattuali.
Solo allora compresi che sarei andato in scena alle 20....ma io avevo fatto l'edizione di Vedova Allegra con la regia di Gino Landi, mentre questa era di Bolognini. A parte le situazioni differenti di scena, prevedeva i dialoghi parlati totalmente diversi con l'aggravante che Il protagonista era un danese che sapeva solo a memoria le battute, e avrei dovuto porgergliele come da lui imparate, per non far saltare tutto.
Andammo in scena con Oren e Kabaiwanska che rimasero stupiti perché nulla sapevano della sostituzione, e si compì il miracolo: tutto funzionò alla perfezione (ho il video proprio di quella sera).
Il teatro mi promise mare e monti e che lì sarei stato più che di casa, dopo che ebbi salvato lo spettacolo: FU L'UNICA VOLTA CHE CANTAI ALL'OPERA DI ROMA!!!

Perla : Che cosa trovi che sia cambiato, dai tempi di queste tue esperienze, nel mondo dell' Opera?

Giuseppe Riva : Ravviso un profondo cambiamento nel mondo del melodramma che già era in essere al tempo in cui ho cominciato io, ma che ora è davvero frutto dei tempi in cui viviamo (tutto allo sbando).
Temo che oggi si cerchi maggiormente l'apparire, in qualche modo e qualsiasi modo, duri quel che duri, ma apparire far parlare di se e poi, magari sparire appena messo da parte quello che si sperava di guadagnare per i propri capricci.
Già quando iniziai io si tendeva a non essere come la generazione precedente, dove lo stare insieme per lunghi periodi significava davvero costituire una famiglia e si faceva vita comune, gli attuali mezzi di trasporto, le condizioni di vita favoriscono, invece l'appartarsi, lo stare da soli.

Perla :E’ senz’altro l' opinione di molti. Ritieni che sia negativo?

Giuseppe Riva : Un tempo finite prove o recite si andava tutti nel locale preferito che diventava, per il periodo della produzione, la propria dimora, la propria famiglia. Oggi questo avviene sempre più raramente.
Credo che questo possa in qualche maniera influire anche sulla sinergia dello stare insieme in palcoscenico e far vivere la stessa emozione.
Inoltre oggi si assiste al lavoro di equipe molto più disgregato: direttori che arrivano all'ultimo momento e vogliono già tutta la compagnia prepreparata da qualche assistente a rischio di raffazzonare tutto e/o non approfondire come si conviene.
Trovo anche che si stia fiscalizzando e burocratizzando tutto troppo e non sembra più di andare in Teatro per delle recite, ma negli uffici a sbrigare pratiche.

Perla : Questi motivi hanno influito sulla decisione di ritirarti dall'attività artistica?

Giuseppe Riva: La decisione di smettere col canto è dovuta in parte anche a questo stato di cose; certamente ha contribuito molto l'appagamento di quello raggiunto, ma anche il troppo dispendio,i compensi che non giustificavano le uscite e le spese per questo tipo di vita.
Inoltre han cominciato a venire a mancare dei riferimenti in amici e colleghi che a vario titolo hanno anch'essi smesso di stare sui palcoscenici e il ricambio generazionale non dava le stesse emozioni e piano piano non riscontravo più gli analoghi ideali e/o interessi.
Così, il giorno del mio compleanno, 14 luglio del 2006 ho annunciato il mio ritiro, appagato per lo più da quello che avevo desiderato e avuto: qualche mese prima mi ero esibito con successo personale davvero notevole nell'unico Teatro dove ancora non aveva mai cantato, il Regio di Torino, del quale conserverò davvero un magnifico ricordo per la professionalità e la serietà trovata. Perciò ho finito in bellezza dopo essere stato presente in venti titoli nel Teatro della mia città Alla Scala, e essere stato in proprio tutti, tutti gli Enti d'Italia.

Perla : E ora di che cosa ti occupi, nel tempo libero?

Giuseppe Riva: Ho ripreso a disegnare e dipingere (ma ho già anche smesso....)
Ho scoperto una certa propensione verso quello che ho sempre creduto di non essere portato a svolgere: l'insegnamento e davvero mi sta piacendo molto.

Perla: Quali differenze noti tra i giovani che iniziano ora lo studio del canto e quelli della tua epoca?

Giuseppe Riva : Trovo assai deludente che fra i giovani non vi sia più la "VOGLIA" di cantare: tutti pensano ad emettere dei suoni a come farli tecnicamente e pochissimi sono quelli che mi fanno sentire ciò che col suono voglio esprimere.
E' una rincorsa all'acquisire nozioni e metodi, ma nessuno CANTA più per la gioia tipica del cantare.
Tutti cercano il suono mentre io vorrei sentire ciò che col suono si vuole esprimere.
Difficilmente riescono a fraseggiare come si conviene, indipendentemente dalla preparazione tecnica o meno: c'è un rispetto molto più rigoroso della scrittura musicale, solfeggio e metrica, ma tutto un pò "ROBOTIZZATO" senza anima, senza calori e colori.
Frutto dei tempi? Temo di sì.

Perla: Hai dei progetti che ti stanno a cuore per il futuro, oltre all'insegnamento?

Giuseppe Riva: Sto cullando l'idea di realizzare quello che è sempre stato un altro mio sogno nel cassetto: LA REGIA teatrale di opere.

Perla: Un cantante con una sensibilità artistica che va oltre la voce...

Giuseppe Riva: Per il momento mi è stata offerta una regia di un'opera che di per se prevede poche possibilità di sviluppo in termini registici: Elisir d'Amore.
Verrà eseguita in un contesto vacanziero ed estivo, per cui ci sarà poco spazio per interpretazioni di sorta, resterei comunque ligio a quanto scritto dagli autori.
C'è anche la possibilità di una "rentrée" canora (non in Italia),per scaramanzia, vorrei tenerla segreta, per il momento.

Perla: Questa è proprio un' anteprima, speriamo che vada in porto!

Giuseppe Riva: Un'altra cosa che vorrei svolgere con senso di responsabilità e, VA DETTO, senza alcun interesse, potrebbe essere quella di segnalare a chi di dovere quelle voci che sentite magari anche solo occasionalmente potrei ritenere degne di segnalazione.


Perla: Prendiamo quest'ultima frase di Giuseppe Riva, come un solenne impegno verso le belle voci che frequentano il mondo dell'Opera, e nel ringraziarlo per la sua disponibilità, lo salutiamo caramente.

Perla


2 commenti:

Unknown ha detto...

Che bello leggere yutta d'un fiato questa intervista! Grazie, un tuffo on un passato dove i sentimenti la fanno ds padrone! Grazie e tanti affettuosi auguri a Giuseppe Riba!

Unknown ha detto...

Chiedo scusa per gli errori di battuta!